Aggiornato il: 16 Marzo 20

Cosa ti sei portato a casa?

.. ossia qualche consiglio per valutare un corso di formazione

Ti può essere capitato, alla fine di un corso di formazione o dopo aver partecipato ad un seminario, che qualcuno ti abbia chiesto: cosa ti sei portato a casa?

Credo che tu abbia trovato questa metafora molto utile per fare chiarezza, dentro di te, su quali sono gli elementi trattati durante le sessioni di lavoro che ti hanno colpito di più, quali riflessioni sono emerse rispetto ai contenuti presentati, e quali sono anche gli aspetti inediti che ti hanno sorpreso e che in qualche modo sono la vera ricchezza che nasce dal lavoro che hai appena concluso, e che, appunto, ti porti a casa!

Questa fase di “valutazione” è molto importante, e i professionisti della formazione, siano essi tutor, responsabili d’aula o semplicemente docenti, dovrebbero sempre stimolare, perché fa parte anch’essa del “processo di formazione”. Così importante che dovresti farla diventare metodo di lavoro ogni qual volta partecipi a un corso di formazione.

Ma perché farsi domande a conclusione di un corso di formazione?

La comunità scientifica che a lungo ha studiato il funzionamento della nostra mente concorda oramai che i soggetti, anche i più razionali e organizzati, sono preda di bias ed euristiche. Il cervello elabora le informazioni che riceve in modo molto diverso da quello che fa una macchina: spesso prende delle scorciatoie per non consumare troppe energie, in altri casi sostituisce le emozioni alle informazioni, in altri ancora richiama alla memoria informazioni in modo diverso da come le ha “immagazzinate”. Insomma, ora ne sappiamo molto per essere sicuri che, apprendere è un percorso piuttosto incerto, soprattutto quando l’obiettivo della formazione è l’esercizio di abilità che ancora non possediamo o il cambiamento di abitudini consolidate (per chi volesse approfondire l’argomento, a fronte di una letteratura sterminata, consiglio la lettura del saggio Pensieri Lenti e Veloci, del premio Nobel D. Kahneman).

Un altro aspetto importante da tenere in considerazione riguarda l’idea che abbiamo della formazione continua o professionale: un’idea per lo più meccanicistica legata a un processo in cui l’utente, prima sprovvisto di alcune conoscenze entra nel processo di formazione (che solitamente è costituito solo da un numero di ore in cui “siede” in un’aula in cui un docente impartisce una lezione frontale) e poi esce “competente”, cioè dotato di abilità nuove che può mettere subito in pratica ovunque serva.

Per alcuni contesti e su alcune mansioni questo metodo può ancora funzionare (molto pochi direi, vista la complessità oggi della maggioranza delle attività lavorative). Nella stragrande maggioranza dei casi, quindi, il soggetto è costretto a “interpretare” gli elementi appresi nella formazione per “adattarli” al contesto in cui opera.

Ecco perché è sempre utile tenere a mente che, impostare una corretta valutazione, che non si chiude subito con uno sbrigativo giudizio a conclusione della fase d’aula del corso, è molto più utile per te, perché ti aiuta nella fase di “adattamento” delle informazioni che hai appreso in aula al tuo specifico ambiente di lavoro.

Ecco allora 5 consigli per svolgere in modo corretto una valutazione di un corso di formazione.

Sospendi il giudizio: perché è più utile a noi che agli altri. Come puoi intuire non sono un grande sostenitore dei questionari di soddisfazione che di solito vengono somministrati a conclusione della fase d’aula di un corso. È una prassi in uso presso la quasi totalità delle scuole di formazione. È un gesto di attenzione nei confronti dei clienti, e anche un sistema di verifica immediato sulla qualità del lavoro svolto. I docenti sono molto interessati al responso di questi “dati”, così come l’amministrazione delle scuole di formazione. Il rischio dell’utilizzo di questo strumento di verifica, però, è indurre i soggetti partecipanti ai corsi a chiudere sbrigativamente il pensiero che naturalmente si lega alla valutazione di un vissuto, facendo leva soprattutto su giudizi che la mente ha subito disponibili: i pregiudizi.

Quello che ti suggerisco, invece, è un percorso più faticoso che il tuo cervello naturalmente ti “sconsiglierà” di intraprendere perché richiede maggiori energie rispetto alla formulazione lampo dei pregiudizi: impostarti su una modalità di “sospensione del giudizio”. Gli antichi greci la chiamavano “Epoché”, intendendo il fatto che quando c’è un cambiamento importante, avviene come una “sospensione del tempo”. Esercitando il dubbio, provando a leggere le emozioni, valutando ogni elemento emerso con la lucida obiettività da detective, cercando di lasciarti alle spalle le certezze di un esperto di settore, paradossalmente, ti aprirai nuove aree di lavoro. È una fase che non può essere tenuta aperta all’infinito, e concerne anche gli altri quattro punti che ti vado ora ad illustrare.

Analizza le dinamiche d’aula e il docente: noi che ci lavoriamo lo sappiamo bene. La buona formazione è molto simile al teatro. Al metateatro per l’esattezza; quella forma di rappresentazione in cui l’espediente scenico induce i partecipanti a essere parte del teatro stesso, e non solo con il ruolo di meri spettatori. Anche ogni buon docente lo sa bene, e sa anche che la sua valutazione sul questionario dipende più da questo aspetto che dalla qualità dei contenuti che propone, e anche (purtroppo) dalle ricadute concrete che la formazione potrà avere nel miglioramento delle prestazioni lavorative dei partecipanti. Questo effetto, si chiama effetto alone, ed è particolarmente importante nel settore del commercio. Ti consiglio, quindi, di cercare di leggere questa dinamica con molta attenzione, perché deve essere funzionale all’obiettivo di apprendimento e di buona gestione del gruppo che partecipa alla formazione, e non deve essere fine a sé stessa. Un buon docente, quindi riesce a mettere in circolazione le informazioni oggetto della sua lezione con tutto il gruppo, difende la didattica dagli interventi degli uditori molesti, e allo stesso tempo.. fa nascere delle domande! Si perché se c’è una costante che può anche essere presa come indicatore di qualità di una docenza è la capacità di far emergere interrogativi ai partecipanti, su come si può adattare la teoria alla propria realtà quotidiana lavorativa.

Quindi ecco il prossimo suggerimento. 

Cerca di fare domande a lezione: tu sei parte del processo formativo nello stesso modo in cui lo è il docente. Il gruppo fa sempre la sua parte. Le domande hanno il potere, non solo di introdurre nuovi argomenti o di dirimere quesiti non ancora esplicitati nel modo corretto, ma hanno anche il potere di orientare l’andamento di una lezione. Sono particolarmente importanti anche per socializzare le conoscenze tra i partecipanti di un gruppo, facendo emergere quelle che gli esperti chiamano le “competenze di rete”. Ricordiamoci che un corso di formazione è soprattutto un luogo “emergente” dovei i partecipanti si scambiano informazioni esplicite ma anche “implicite”. La realtà è molto più casuale di quanto noi possiamo immaginare: i corsi di formazione sono grandi opportunità per fare rete, e quindi, ti consiglio di concretizzare le conoscenze in possibili nuove opportunità per il tuo network. Non dimenticarti mai di questo aspetto quando valuti un corso, o quando devi decidere dove investire per la tua formazione futura. Ma ritornando al nostro argomento principale, una volta a casa.

Riprendi in mano i materiali: la maggior parte delle persone ritorna sui supporti didattici (slide, appunti, registrazione, etc.) a distanza di pochi giorni dalla conclusione del corso. Se il docente si dimentica di inviare le slide dobbiamo gestire notevoli quantità di lamentele. Però, il mio consiglio è di recuperare i materiali a distanza di tempo. Anche di mesi. E per certi corsi, anni. Io faccio così: solitamente mi fisso una nota sul calendario nei periodi dove cala l’intensità del lavoro e mi impongo di rivedere i materiali di alcuni corsi che ritengo particolarmente importanti. Non è un esercizio didattico, ma è qualcosa che amo fare per vedere come cambia il mio punto di vista, e perché no, per recuperare qualche informazione che si è persa per strada (e più invecchio più ne perdo ahimé).

Questo per arrivare alla seguente conclusione.

Costruisciti una tua teoria e otterrai i risultati che ti aspetti: un buon modo per chiudere un processo di valutazione di un corso di formazione è arrivare a formalizzare una tua teoria sulla tua attività utilizzando le conoscenze che il corso ti ha messo a disposizione. Idealmente, a questo punto, potresti diventare tu il docente. Magari non in un corso di formazione, ma nel tuo luogo di lavoro, per aiutare un tuo collega o un nuovo collaboratore, o per agevolare i tuoi responsabili a prendere le decisioni giuste rispetto all’argomento specifico (che il più delle volte conoscono poco). Riformulando a piccoli passi tutti i passaggi che ti ho descritto, provando a inserire le novità che ti sono state presentate, testando i risultati, studiando il linguaggio appropriato, il processo di valutazione del corso di formazione diviene abilità, e con il tempo e l’esperienza, forse, diverrà competenza.

Spero che ora sarai d’accordo con me nel considerare la formazione non solo e non tanto in un momento “astratto“  in cui si interrompe la quotidianità operativa, per prendersi una meritata pausa costruttiva dal lavoro, ma un metodo per dare ordine e disciplina su come progredire nelle proprie attività quotidiane.

Credo proprio che il prossimo argomento riguarderà il “come ideare un proprio piano di formazione”.

Se non sei d’accordo con me, o se ritieni che abbia scritto inesattezze, puoi scrivermi a questa email: marco.delfrate@accademiadimpresa.it.

Una cosa è certa. Ti risponderò.

E spero, soprattutto, di rivederti presto nelle nostre aule!

Marco Del Frate, referente dell'area formativa "Digitalizza la tua impresa" di Accademia d'Impresa